Capita di dove metter mano al campo per sistemare buche od avvallamenti e non è mai cosa piacevole, però qualcuno lo dovrà pur fare!!! Consiglio di iniziare a sperimentare da aree circoscritte e non imbattersi in lavorazioni troppo impegnative. Una volta che però avrai preso “confidenza” con la terra rossa potrai fare tutto ciò che reputerai opportuno. IL CAMPO E’ VIVO E LO PUOI SEMPRE MODELLARE IN BASE ALLE TUE ESIGENZE. Ovviamente entro certi limiti, dopo i quali è più intelligente attendere il momento giusto per rifarlo completamente, ma come sempre questa è un’altra storia. In questo post tratterò il caso specifico di un ampio avvallamento che richiede alcuni accorgimenti extra rispetto al ripristino della “semplice” buca, trattato in questo articolo:” Terra rossa, TUTORIAL, come SISTEMARE UNA BUCA”.
La procedura standard
Solitamente rispetto questa scaletta:
- Pulizia dell’area da trattare, da tutto ciò che è mobile;
- Bagnare quanto basta per “ammorbidire” la superficie;
- Inciderla, per permettere all’acqua di penetrare in profondità e dare punti di “presa” al nuovo sottomanto;
- Stendere la “maltina”, ricreando la planarità della superficie di gioco;
- Aggiungere nuovo manto.
Cosa cambia in caso di lavorazioni in “grande”?
Se dobbiamo sistemare una porzione “ampia” del campo, da mia esperienza, la cosa più importante da fare è “definire” in modo certo l’area da lavorare. Con la “classica” buca tutto è semplificato, puoi immaginartela come una conca dove l’acqua rimane al suo interno e si procede a lavorarla passo dopo passo. Con un avvallamento ciò non accade, l’acqua tende a “scapparti” da tutte le parti, se prima non crei dei punti di ristagno. Nella pratica inverto parzialmente il punto tre con il punto due della “procedura standard”, mentre tutto il resto rimane invariato. Al posto dell’incisione, che a campo asciutto è molto faticosa, preferisco usare le maniere forti usando un piccone e picchettando l’area, definisco a mano la zona oggetto dell’intervento. Ora sì che posso aggiungere l’acqua ed aspettare che “lavori”, per poi effettivamente incidere tutta la superficie e crearmi i punti di “presa” per il nuovo sottomanto. Se preferisci, al posto del piccone puoi usare lo scalpello. E’ tutta una questione di abitudine, usa l’attrezzo con cui ti trovi meglio.
L’importanza dell’acqua
Non mi stancherò di ribadire che l’acqua è l’elemento che, assieme all’argilla presente nel sottomanto, fa da “legante” tra la base esistente e la “maltina” che andiamo ad aggiungere. Essa infatti va sfruttata in modo da ricreare il più possibile la medesima elasticità. Solo così avrò un “corpo” unico duraturo. Nella pratica devo essere certo che la base ne sia satura così come la “maltina”. Se poi avrò la fortuna che ci piova sopra il lavoro sarà sicuramente eccellente.
La superficie più difficile da trattare
Sicuramente quella estremamente “cementificata”. Buca piccola: problemi piccoli, con un po’ di fatica ce la si fa. Buca od avvallamento grande: problemi apparentemente irrisolvibili. Ci spaccheremo la schiena senza la garanzia di aver “definito” ed inciso per bene il punto da lavorare. Che si fa? O si confida in una pioggia che ci ammorbidisca per quanto possibile la “cementificazione” del sottomanto, oppure usiamo IL TRAPANO. Sì cari miei, proprio un trapano!!! Con una punta da muro, ad esempio da 18 mm, iniziamo a forare la base cementificata per una profondità di qualche centimetro. I fori meglio che non siano troppo ravvicinati. Una volta finito bagniamo l’area. Lasciamo lavorare l’acqua che, percolando all’interno dei fori, “gonfierà” il sottomanto dall’interno. Ora la cementificazione non ci farà più paura. Questo metodo non è cosa da fare a cuor leggero perché implica maggior tempo di attesa prima di far giocare il campo. Consiglio infatti di forare e bagnare alla sera per poi intervenire il mattino seguente, dando all’acqua il tempo di modificare lo stato del sottomanto.
Missione compiuta?
La garanzia che l’opera eseguita duri nel tempo non c’è mai. Sicuramente sarà meglio che restare con le mani in mano, imparare ad arrangiarci ci dà comunque un vantaggio rispetto a tutti quei Circoli che rimangono passivi e si sa che nel tempo il lavoro paga sempre.
E in indoor?
Queste lavorazioni, a mio avviso, rimangono molto difficili da eseguire perché manca il contesto di un ambiente esterno che aiuta infinitamente. Al chiuso la pioggia non si simula e quindi il campo tende a mantenere tutte le “cicatrici” che gli abbiamo inferto. Queste all’aperto tendono sempre a scomparire, sarà solo una questione di tempo.